E anche questo Natale...

"Silenzio! Ragazzi! Papà ci vuole dire qualche cosa.

Beh... anche questo Natale... se lo semo levato dalle palle!"

A meno che tu...

"Sono qui solo per bere un rapido drink, per ringraziarti, e poi me ne torno in camera mia.

D'accordo. Recitavi anche nel filmetto che hai fatto?

Se recitavo? Si, recitavo, perché?

Beh, spero che tu fossi più convincente di quanto sei quando fingi di essere qui solo per un rapido drink...

Sono qui per venire a letto con te, hai ragione... quindi per te la partita è vinta... a meno che tu... non ti bruci...

Brucio?

Si...

Mi brucio, vuoi dire che rovino il momento?

Si...

E come potrei farlo?

Non lo so, può essere ogni cosa... da uno stupido commento, fino a un paio di mutande sbagliate... anche se... non so come ma guardandoti dai l'idea di portare le mutande giuste...

Sei difficile da soddisfare...

Si beh... sono famosa per essere intollerante..."

Juan Antonio e Cristina - Vicky Cristina Barcelona

Goodbye Kai Tak, and thank you

Ormai tutti i miei amici sanno del mio desiderio di andare ad Hong Kong, una delle città più affascinanti del mondo (e prima o poi riuscirò a convincere qualcuno a venire con me, possibilmente donna e fidanzata: guardare il panorama di sera dal Victoria Peak con un uomo non sarebbe la stessa cosa). Quando ci andrò però, non potrò atterrare al mitico aeroporto Kai Tak.

Il Kai Tak è stato l'aeroporto di Hong Kong dal 1925 al 1998, quando è stato chiuso e sostituito dal nuovo Chek Lap Kok. E non era un aeroporto qualunque. E' famoso in tutto il mondo per la particolare procedura di atterraggio, difficile e pericolosa ma allo stesso tempo spettacolare. Infatti, l'aeroporto disponeva di un'unica pista costruita su una lingua di terra in mezzo al mare, e il metodo di approccio richiedeva una manovra molto complessa a causa dei palazzi e delle montagne che rendevano impossibile un avvicinamento diretto e lineare. Nei primi anni l'aeroporto si trovava alla periferia della città, ma, a causa del rapidissimo espandersi della zona residenziale, lo scalo venne a trovarsi circondato da palazzi. Questo complicò ancor di più le manovre di atterraggio.

Vediamo dunque in dettaglio come si svolgeva un atterraggio sulla pista 13. Gli aerei iniziavano la discesa in direzione nord-est, passando prima sopra la baia, e poi a quota molto bassa sulla zona densamente popolata di Western Kowloon. Questa parte della discesa era guidata da un IGS (Instrument Guidance System, un ILS modificato) installato nel 1974.

Una volta raggiunta una piccola collina su cui era stata costruita una gigantesca scacchiera rossa e bianca, detta checkerboard (utilizzata come riferimento visuale per la fase finale), il pilota doveva effettuare completamente in manuale una rapida virata a destra di 47° per allinearsi con la pista, e completare dopo pochi secondi l'atterraggio. Al momento della virata, l'aereo si trovava a meno di 4km dalla pista, ad un'altezza di meno di 300m, con il carrello già fuori e ad una velocità molto bassa. Questa manovra divenne famosa tra gli addetti ai lavori come "Hong Kong Turn" o "Checkerboard Turn". Non so se i piloti ricevessero un addestramento specifico prima di essere mandati a Hong Kong, ma credo proprio di sì.

Un'ulteriore complicazione era costituita dai venti, in quanto anche quando erano di direzione costante il loro angolo relativo variava durante la virata. La situazione peggiorava durante i frequenti tifoni, e le montagne presenti a nord-est causavano grandi variazioni sia dell'intensità che della direzione. Nonostante tutte queste difficoltà, questo approccio era quello usato più spesso; l'atterraggio diretto e lineare dal mare, a causa degli sconfinamenti in territorio cinese e dei venti sfavorevoli, era il meno utilizzato.

Negli anni, il traffico aumentò sempre più fino a non essere più gestibile, e il Kai Tak arrivò a essere il terzo aeroporto più trafficato al mondo. Questo convinse le autorità a progettare un nuovo aeroporto (anch'esso costruito su un'isola artificiale). Alla mezzanotte e due minuti del 6 luglio 1998 decollò l'ultimo volo, il Cathay Pacific CX251 diretto a London Heathrow. Poco dopo venne tenuto un breve discorso celebrativo nella torre di controllo, e alla fine l'ultimo controllore di volo spense le luci della pista, dicendo: "Goodbye Kai Tak, and thank you". Dopo 73 anni, il Kai Tak non esisteva più.

Mi rendo conto che la sola descrizione potrebbe non rendere bene l'idea di quanto particolare fosse questo aeroporto; fortunatamente, si trovano in rete centinaia di video, e ne ho fatta una piccola selezione.

In questo video è possibile vedere un atterraggio "quasi" normale. Quasi perché la virata è molto più stretta del solito, e notate dopo quanto poco tempo l'aereo tocca la pista.


Ma cosa succede quando i venti laterali sono abbastanza forti? Atterraggi come questo... La virata è troppo lunga e il pilota deve riallineare all'ultimo. Ma non è sufficiente, e l'aereo tocca terra fuori linea.


Un altro esempio ancora più estremo; la qualità video è scarsa ma rende l'idea. Notate il "colpo di coda" finale, e ricordate che si tratta di un 747!


E i nostri piloti come se la cavavano? Giudicate voi da questo atterraggio un po' "ruvido" di un volo Alitalia:


Anche il Concorde ha fatto la sua apparizione al Kai Tak. In questo video l'atterraggio è abbastanza normale, ma è impressionante la velocità di discesa. Notate anche l'effetto condensa sulle ali.


Finora abbiamo sempre visto gli aerei dall'esterno. Ma com'era l'atterraggio vissuto a bordo? Questo video ci porta in cabina, oltretutto in un giorno piovoso dalla pessima visibilità. Notate al minuto 1.15 la vista della checkerboard, e immediatamente dopo la virata a destra.


Si è detto di quanto gli aerei passassero a bassa quota sopra i palazzi del quartiere di Kowloon, ma è difficile capirlo vedendo solo le riprese dalle colline. Questo video, ripreso dalla strada, fa capire un po' meglio com'era la situazione (alzate il volume!):


Insomma, adesso forse potete capire perché il Kai Tak sia rimasto nel cuore di tanti appassionati di aviazione...

Fonti: Wikipedia (ita,eng), kaitakairport.blogspot.com, Aliditalia, How Many Roads, Airboyd.tv.

Luoghi | Barcellona

Barcellona è una città meravigliosa. Punto. Una città viva, giorno e notte. Una città che non ha paura di osare, che non ha paura di cambiare, di rinnovarsi. Una città efficiente e moderna. E poi c'è il mare. Io non ho mai vissuto al mare, però l'idea che ci possa essere una posto con tutti i vantaggi di una metropoli, e anche il mare, la trovo irresistibile. L'idea di uscire dall'ufficio e andare in spiaggia, è un sogno.

Ci sono tornato a giugno, per la seconda volta. Ho fatto qualche foto, e spero di essere riuscito a coglierne, almeno in parte, lo spirito.

L'album è qui: http://donnifoto.zenfolio.com/barcellona

Animali da trasferta

Ultimamente faccio qualche trasferta di lavoro in più. Solita trafila: macchina, aeroporto, check-in, controlli di sicurezza, aereo, aeroporto, taxi, ufficio, lavori, saluti, taxi, albergo, cena. In tutti questi passaggi, riconosci subito quelli che sono abituati a viaggiare per lavoro, quelli che io chiamo "animali da trasferta".

Il primo avvistamento avviene in aeroporto. Si muovono decisi, sanno sempre dove andare e cosa fare. Quando sono in gruppo, anche peggio: si muovono baldanzosi come un branco affamato. Ovviamente sono membri di svariati programmi fedeltà così da avere più privilegi possibili (tipo check-in dedicato, imbarco dedicato, ecc.). Sbuffano ai controlli quando un poveraccio che vola una volta l'anno blocca tutti perché il metal detector continua a suonare.

Li riconosci da tante cose. Da come sono vestiti, per esempio: rigorosamente in completo scuro gli uomini, tailleur d'ordinanza per le donne (insieme a tacchi vertiginosi, pazienza se sono scomodi e dovranno portarli tutta la giornata). Dal portatile (o l'iPad per i più trendy), che ovviamente viene acceso per ingannare l'attesa, o per mandare quella mail urgentissima senza la quale il mondo si fermerebbe (tranquilli, ho scoperto che il mondo continua a girare lo stesso). Dallo smartphone che continua a squillare, con il quale vengono discusse ad alta voce strategie di business e impartiti ordini arroganti a segretarie incolpevoli, e che rimane incollato all'orecchio fino all'ultimo, fin quando l'aereo sta per decollare. Dopo, mi spiace, dovranno spegnerlo, e tagliare per un po' questo cordone ombelicale che li collega al mondo, e senza il quale non esistono.

Appena atterrati, sgusciano via di corsa verso la zona taxi. Ma non è un addio, è solo un arrivederci. Infatti la sera, se si è in qualche posto logisticamente un po' sfigato, ci si ritrova tutti allegramente al ristorante dell'hotel. Una fila di tavoli, molti occupati da una sola persona, quasi tutti uomini, a mangiare tristemente da soli, cercando di riempire i vuoti e la solitudine con l'onnipresente cellulare o una rivista. Arrivi e tutti ti guardano, con quello sguardo misto tra compassione e solidarietà, come dire "anche tu qui?". Il cameriere ti viene incontro e ti chiede "da solo?" e tu rispondi con un sì e la faccia da cane bastonato. Un giorno incontrerò una donna bellissima in ascensore e, dimenticando per un attimo la mia timidezza e con un po' di incoscienza, le dirò "Ciao, se sei sola, ti va se ceniamo insieme?". Inutile dire che finora non è mai successo.

Fino all'ultimo giorno, quando rifarai tutta la trafila al contrario e sarai felice di tornare a casa. Sempre che a casa ci sia qualcuno ad aspettarti.

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Questo post è liberamente ispirato dalle mie trasferte e dal film "Tra le nuvole" con George Clooney.

Tra i gigabyte degli uno e degli zero

"Eppure nella miriade di microonde, tra i messaggi infrarossi, tra i gigabyte degli uno e degli zero, troviamo parole della grandezza di un byte più infinitesime persino della scienza, celate nella vaga elettricità. Ma se soltanto ascoltassimo sentiremmo la solitaria voce di quel poeta che ci dice: è stato ieri che la follia di oggi ci ha preparato al silenzioso trionfo della disperazione di domani. Bevete, poiché non sapete da dove venite né perché, bevete poiché non sapete dove andate né perché."
L'esercito delle 12 scimmie

Scatola vuota?

Ormai è un po' che uso Facebook. Un annetto circa. E devo dire che, dopo un iniziale interesse, ultimamente mi piace meno. Certi giorni addirittura mi dimentico di collegarmi. Si, mi piace, mi ha permesso di tornare in contatto con persone che non sentivo e vedevo da tanto. E di sapere che quell'ex collega ha avuto un figlio, magari, o si è trasferito all'estero. Però vorrei condividere con voi una serie di riflessioni.

Per esempio, una cosa che avevo già notato scrivendo il blog, è che Facebook (o meglio, i suoi frequentatori) sembra in qualche modo rifuggere dall'intelligente per celebrare invece il frivolo. I post intelligenti non li commenta quasi nessuno, quelli stupidi, frivoli, vacui, simpatici e ruffiani ricevono molti più commenti. Ma direi che questo è nella natura umana, niente di nuovo.

C'è poi il fenomeno dello slacktivism. Cos'è? Semplice, non si va più a protestare o manifestare da qualche parte, con striscioni e megafono, basta aprire un bel gruppo su Facebook e invitare quanta più gente possibile a iscriversi. La protesta sostituita da un click. Risultato? Proliferano gruppi su qualsiasi cosa, da "Combattiamo la sclerosi multipla" a "Per quelli che la mattina vogliono dormire sempre 5 minuti in più". E non vogliamo mica far mancare il nostro sostegno a entrambi, è così facile, basta un click. E tutto viene appiattito sotto una valanga di click, tutti uguali. Dal gruppo per la causa più importante a quello sulla stronzata più stupida non c'è differenza. Entrambi avranno il loro click. E chissà se chi fa quel click si ferma per un attimo a pensare alla differenza, o è davvero convinto che il suo click cambierà il mondo.

E poi, davvero si ha tutta questa voglia di interagire? Per cento che leggono, forse uno commenta. E devi anche sperare che dica qualcosa di intelligente. Facebook sembra piuttosto una vetrina per mettersi in mostra, per gridare al mondo quanto sei bravo, o felice, o triste, quanto stai bene o stai male. Facebook come un casting infinito.

Ormai Facebook è così pervasivo, che quando muore o scompare qualcuno, al telegiornale fanno vedere la sua bacheca. Con gli immancabili post strappalacrime degli amici. Chissà se qualcuno di questi amici ha fatto anche una telefonata alla madre, alla moglie o al marito.

Alcuni ormai ti scrivono solo su Facebook, anche se hanno il tuo telefono e la tua mail da una vita. Ma magari non vado tutti i giorni a controllare... Ad altri invece scrivi tu su Facebook, che magari non hai né mail né telefono. Ma si collegheranno, leggeranno quello che hai scritto, o fanno già parte del popolo dei "suicidati"? Facebook ormai è una internet dentro Internet.

Tutto questo mi porta a farmi una sola domanda: Facebook è una scatola vuota?

Il frutto del peccato

Sempre dal Photoshow 2009 qualche altro scatto, questa volta dallo stand Canon. Nelle ultime edizioni infatti Canon si è distinta da tutti gli altri espositori per il fatto che, invece di far posare le solite modelle, ha allestito una serie di performance teatral-danzanti, con varie situazioni ogni volta diverse.

Io sono capitato da quelle parti mentre iniziava questa sorta di balletto in stile anni 30, in cui due attori (o ballerini?) giocavano tra loro, rincorrendosi e cercandosi, utilizzando come accessorio di scena nientemeno che delle mele (il frutto del peccato?). Sono rimasto colpito, in particolare, dalle espressioni dei due, veramente belle ed evocative.

Dopo ci sono state altre rapprsentazioni, ma la calca era davvero insopportabile e ho dato forfait. Sono comunque molto soddisfatto del risultato, e mai come questa volta lo slideshow è appropriato.

La gallery è qui: http://donnifoto.zenfolio.com/canonps09

Buona visione!

Come mi vede?

"Come mi vede... cioè, cosa ne pensa uno... dell'88 di una del 72?


Ho 3 in matematica.


Nessuno mi guarda come mi guardi tu... non mi giudichi mai."

Chiara e Pollo - Lezioni di volo

Troppo tardi

Vi ricordate il mio post dell'anno scorso in cui avevo trovato su 1x.com una foto simile alla mia? Ebbene, da tempo medito di iscrivermi al sito in questione (anche se forse il livello è troppo alto per me), e avevo deciso di sottoporre come prima foto quella della mia amica Rossella che legge il libro, illuminata dal libro stesso, che tanto mi è piaciuta.

Ma sono stato preceduto!

Non che fosse tutta farina del mio sacco. Anche io mi ero ispirato a una foto vista su un blog, e dopo qualche tentativo, ero riuscito ad ottenere questa:


E devo dire di esserne molto soddisfatto. Pensavo appunto di sottoporla a 1x.com (sito fantastico) ma settimana scorsa cosa vedo? Questa foto:



Anche in questo caso, molto più bella della mia, se non altro perché con una degna ambientazione. Ecco, devo curare di più il contorno, non solo il soggetto. E devo cambiare la mia scelta della "prima foto" da sottoporre (mi spiace Ross, non potrai avere questo onore). Suggerimenti?

C'è qualcosa che mi sfugge

Vasco Rossi, Valentino Rossi, Luciano Pavarotti, Massimo Boldi. Cosa hanno in comune? Semplice: sono stati tutti pizzicati dalla Guardia di Finanza per aver evaso il fisco. E hanno pagato. Giustizia è stata fatta. Siamo tutti felici.

Da qualche anno è in atto questa caccia al VIP che più che altro è un'operazione mediatica. La GdF si è inventata che se una persona svolge gran parte della sua attività lavorativa e familiare in Italia, allora deve pagare le tasse qui (e quindi domicilio e residenza a cosa servono?). Anche se il VIP evade tanto, a quanto volete che ammonti il totale evaso da tutti i VIP pizzicati? Se va bene, a qualche centinaio di milioni di euro. Peccato che in Italia si stimi che l'evasione sia tra il 15 e il 20% del PIL, quindi qualche centinaio di miliardi di euro. Per cui, l'evasione del VIP è una goccia nel mare, ma ovviamente fa notizia e noi tutti pensiamo che si stia facendo una strenua lotta agli evasori.

Il VIP in genere finisce per pagare, per una pure questione di immagine. Infatti avrebbe tutti i mezzi per pagare uno stuolo di avvocati e tirare avanti la causa per 10 anni, e magari vincerla pure. Il fatto è che, se sei ricco, la tua evasione si trasforma magicamente in elusione, cioè evasione legalizzata. Come si fa? Semplice, un trust alle Cayman, una Soparfi (società di partecipazione finanziaria) in Lussemburgo, un conto in Liechtenstein. Tutto ciò è legale, ma chiaramente possibile e conveniente solo se il vostro patrimonio ammonta almeno a qualche milioncino. Ed il tutto è (più o meno) legale. E comunque state tranquilli, potrete riportare tutto nella legalità con il prossimo scudo fiscale, senza neanche dover pagare tutto quello che avreste dovuto pagare.

Ma la cosa che mi fa incazzare non è neanche questa. Il vero scandalo è il fatto che chiunque in Italia non sia un dipendente, evade allegramente senza nessun problema. Di questo mi scandalizzo: non me ne frega niente se Vasco Rossi evade, ma mi frega che il mio dentista, il mio elettricista, il mio idraulico, il mio imbianchino, persino il mio negoziante sotto casa non pagano impunemente le tasse.

Qualche anno fa, quando uscirono i famosi file con le dichiarazioni dei redditi (una bomba di democrazia, infatti subito bloccata) ovviamente gli ho dato un'occhiata anche io. E non capisco: a leggere le cifre dichiarate, dovrei vedere un sacco di gente che conosco al semaforo a chiedere l'elemosina, e invece girano con il SUV. C'è qualcosa che mi sfugge.

Photoshow 2009

Aggiungo qualche foto al precedente post sul Photoshow scattate nell'edizione dell'anno scorso; nulla di eccezionale ma semplicemente delle simpatiche modelle che sicuramente non vi dispiaceranno. Purtroppo alcune (per es. le prime due qui sotto) erano sotto una luce imbilanciabile, che non sono riuscito a correggere neanche in postproduzione (anzi forse ho anche peggiorato le cose). E con questo post per un po' sospendo con workshop e affini.

La gallery completa la trovate qui: http://donnifoto.zenfolio.com/photoshow



Forse la invidio soltanto

Discorso tra un ragazzo e una ragazza poco più che diciottenni al check-in dell'aeroporto di una famosa isola del Mediterraneo:

Ragazzo: "Sono stanchissimo, non ce la faccio più."

Ragazza: "A che ora siete tornati dal Cavo?"

"Alle sette e mezza... abbiamo dormito due ore..."

"Eh, lo so, la vita di Mykonos ti distrugge... Senti, ma dopo di qui dove vai?"

"Vado un po' a Formentera, che c'è un mio amico che lavora lì... e poi ad Alassio con i miei. E tu?"

"In barca con i miei, ma non sappiamo ancora dove... Mediterraneo, poi si vedrà..."
Tutta la vacanza siamo stati circondati da ragazzini età media vent'anni. E mi hanno incuriosito parecchio, li ascoltavo in spiaggia e quando capitava. Molto diversi da come eravamo noi, neanche una ventina di anni fa. A sentirli parlare, e a vedere come si comportano, sembra che abbiano trent'anni. Per cui mi chiedo, cosa faranno a trent'anni?

Noi eravamo tutti rachitici, questi sono tutti fisicati. Noi ci vestivamo un po' come capitava (tranne i paninari, ovvio), questi hanno tutti roba firmata. E il telefonino? Un tripudio di iPhone, manco a dirlo, ma non solo, fioccavano anche i notebook...

Ogni generazione pensa di essere meglio della successiva. Io non ho questa presunzione, però questa generazione devo ancora capirla. O forse la invidio soltanto.

Glamour | Workshop 3

Terzo e ultimo workshop del 2007 (come si dice, non c'è due senza tre). Anche questo all'aperto, due modelle e una bellissima villa sopra il lago di Como, che ha offerto molti spunti in termini di location. Abbiamo avuto tutto il giorno a disposizione e qualche bello scatto è venuto sicuramente, anche se non lo considero il mio workshop migliore. Dopo di questo non ne ho più fatti per un paio d'anni.

La gallery è qui: http://donnifoto.zenfolio.com/ws3

La gallery riservata è qui: http://donnifoto.zenfolio.com/gws3


Meglio non tornare

"Meglio non tornare mai più qui... non sarebbe mai così divertente..."
Charlotte - Lost in translation

Natale più o meno...

Qualche foto fatta nel periodo natalizio... comincio ad avere un debole per le foto notturne...

Glamour | Workshop 2

Secondo workshop, sempre nel 2007. Questo mi è piaciuto molto di più del primo, per vari motivi. Innanzitutto, si è svolto in un bel maneggio, quindi all'aperto. Le modelle erano almeno una decina, e altrettante le location per le foto, per cui ci si poteva sbizzarrire. I partecipanti erano molti, forse troppi, ma alla fine è venuta fuori davvero una bella giornata, conclusa con una session di glamour al chiuso.

All'inizio siamo stati divisi in gruppi, ognuno con un fotografo professionista, e man mano ci si alternava con le modelle e i set. Poi, come capita sempre, al pomeriggio l'anarchia ha prevalso, e si vagava per il maneggio in cerca delle situazioni migliori. Come potete notare, anche io ho avuto le mie modelle preferite.

Fotografare all'aperto non è male, anche se non hai quasi controllo sulle luci (al di là dell'uso di qualche pannello riflettente o per ammorbidire la luce). Però è davvero sorprendente come a volte anche angoli che sembrano insignificanti si trasformano se ci metti davanti una modella ;-)

Alla fine ne sono uscito più che soddisfatto, sia per quantità che per qualità delle foto. Spero vi piacciano.


La gallery riservata è qui: http://donnifoto.zenfolio.com/gws2

Per l'occasione, ho fatto anche qualche piccola (ma credo significativa) modifica al look del sito.

Incontri (inaspettati)

Settimana scorsa mi sono ammalato (cosa mai successa a giugno) e sono andato dal medico per farmi dare un paio di giorni di convalescenza. Quando esco, incontro una mia prof delle superiori, ormai in pensione da tempo. La saluto, si ricorda ancora la mia faccia ma non il mio nome. Le dico che un mese fa ci siamo rivisti, dopo 19 anni. "La prossima volta invitatemi!".

Parliamo un po', di come eravamo e di come sono i ragazzi di oggi. "Non sono molto diversi, hanno gli stessi problemi che avevate voi; comunque noi come scuola abbiamo fallito". Poi mi dice una cosa bellissima: "Comunque, ho imparato molto più io da voi, che voi di quello che insegnavo io".

Grazie Prof, me lo ricorderò.

Ci stiamo riorganizzando

Da anni leggo una rivista di alta fedeltà. Da anni c'è una rubrica di lettere che riguardano problemi con l'assistenza dei prodotti. Da anni leggo sempre lo stesso tipo di risposta.
"Desideriamo scusarci con il signor Rossi; purtroppo il suo caso è coinciso con la riorganizzazione del nostro servizio di assistenza, per cui il sig. Rossi è stato sfortunato. Adesso abbiamo riorganizzato tutto e queste cose non possono più succedere."
Ovviamente, non è vero niente. Semplicemente se ne sono fottuti, finché non è intervenuta la rivista. E allora hanno alzato il culo dalla sedia e si sono messi a lavorare. Oppure, se è vero che si sono riorganizzati, vuol forse dire che prima il loro servizio faceva schifo?

Da un po' leggo Plus24, l'inserto del Sole24Ore. Anche li c'è la rubrica delle lettere per i problemi con le banche e le assicurazioni. Anche lì mi è capitato di leggere le stesse risposte.

Un paio di settimane fa, telefoniamo a un nostro fornitore per lamentarci del livello del supporto. "Avete ragione, ma non c'è problema, a ottobre riorganizziamo tutto". Va bene, ci voglio credere.

Purtroppo, il supporto non è una di quelle cose dove conviene investire. Se ti si rompe il TV, e te lo riparano in fretta e bene, semplicemente te ne dimentichi, dato che hanno solo fatto il loro lavoro. Se invece ti fanno incazzare, forse te ne ricorderai e non comprerai più quella marca. Però dato che alla fine ti fanno incazzare più o meno tutti, sono tutti sullo stesso livello. Per cui investire nel supporto è inutile, a livello di marketing.

Ma non vi preoccupate. Si stanno tutti riorganizzando.

Vent'anni

Vent'anni. Anzi, 19 a essere precisi. Cena con gli ex compagni di classe delle superiori. E senza usare Facebook, che non c'è quasi nessuno. Marcello si è messo d'impegno e ha rintracciato quasi tutti.

Molti non li vedevo davvero dalla maturità. Alcuni non pensavo venissero; altri che sarei stato felice di rivedere non sono venuti. Pazienza, sarà per la prossima volta. Io stesso sono stato indeciso per un po', se partecipare. In queste occasioni si fanno sempre dei bilanci, e io non è che abbia molto da dire. Ma alla fine mi sono detto "perché no".

Non siamo cambiati tanto. Avrei riconosciuto tutti. Anzi, qualcuno è anche migliorato. Chi era bella è rimasta bella. Chi era timido è rimasto timido, e chi era sborone è rimasto sborone.

Quasi tutti sposati, e con figli. Beh, è anche normale. Però mi ha sorpreso che molti si sono sposati giovani, prima dei 30, e che siano ancora sposati dopo una decina d'anni di matrimonio e due figli. Decisamente siamo di un'altra generazione, ne sono sempre più convinto.

E mi ha stupito anche il clima della serata, quasi euforico. Avevamo davvero voglia di vederci. Non pensavo. E ci siamo ripromessi di fare un'altra serata a settembre. Ci credo poco, 19 anni e poi 4 mesi? Stiamo a vedere.

Alla fine, sono contento di esserci andato.

Glamour | Workshop 1

Finalmente ci siamo; dopo soli 3 anni (e questo in effetti è un nuovo record) pubblico le foto del mio primo workshop fotografico (altri seguiranno).

Cos'è un workshop? Beh, la definizione non è univoca. Il dizionario della lingua italiana Sabatini Coletti definisce il workshop come "Corso di specializzazione, seminario di studi". Non è sbagliato, ma un workshop fotografico è molto di più.

In pratica, è una sorta di corso pratico, della durata da poche ore ad alcuni giorni, in cui uno o più fotografi professionisti spiegano tecniche, stili, trucchi del mestiere e così via. Ci sono workshop di tutti i tipi, a seconda del tema affrontato (ritratto, natura, animali, glamour, tecniche da studio, come realizzare un book, viaggi, ecc.), anche se i più frequenti e accessibili sono quelli di ritratto con le modelle (che sono quelli che ho fatto io), sia in studio che in location particolari (tipo ville e castelli).

I vantaggi sono molteplici: innanzitutto, vengono messe a disposizione dall'organizzazione le modelle, la location e le attrezzature da studio necessarie (luci e pannelli), tutte cose che da solo e non essendo un professionista è molto difficile avere; poi c'è il fotografo che spiega e suggerisce, e si incontrano altre persone con la stessa passione con cui è sempre piacevole confrontarsi.

Il mio primo workshop si è svolto in studio; c'erano due modelle su due set diversi, uno con i flash e l'altro con le luci continue (che adesso so di preferire). E' stato molto interessante, e mi ha fatto conoscere un paio di persone che poi mi hanno portato ad altri workshop in seguito.

Purtroppo l'esperienza era poca e poche sono anche le foto degne di essere pubblicate. Pubblico due gallerie separate, una per tutti e una per gli amici (non sto a spiegarvi il motivo perché è troppo lungo). Se mi conoscete, chiedetemi pure come accedere alla galleria riservata.

Le foto sono a questo link: http://donnifoto.zenfolio.com/ws1

La gallery completa è qui: http://donnifoto.zenfolio.com/gws1

Avrei voluto (al taglio della torta)

"Non sono bravo nei discorsi, ma ci provo lo stesso. In quest'epoca di matrimoni che durano lo spazio di due o tre stagioni, in cui si cambia il
televisore, si cambia la macchina, e si cambia anche consorte, io sono convinto che i nostri sposi Daniele e Sara invece dureranno. Ne sono convinto perché conosco bene Daniele, e un po' anche Sara, e so che oltre a volersi molto bene sono persone di sani princìpi. Princìpi che ci hanno trasmesso i nostri genitori, ma anche gli zii e i nonni.

E poi anche perché in questi anni passati insieme, hanno già dovuto affrontare e superare difficoltà non banali, e sono sempre rimasti insieme e sempre più uniti. Per cui sono molto felice che questo giorno sia arrivato, e vi chiedo di unirvi a me in questo brindisi per gli sposi. Tanti auguri di una lunga vita felice insieme!"
E aggiungerei adesso, buon viaggio di nozze!

Viaggio in Giappone - Consigli pratici

Per finire, qualche consiglio pratico (solo il minimo indispensabile) per chi deciderà di seguire le mie orme. Prima però una breve premessa.

Avevo letto spesso che il primo impatto con il Giappone è disorientante, in quanto ti senti disperso e isolato in un mondo in cui molte cose sono diverse e in cui è molto difficile comunicare. In realtà io questa sensazione, la sensazione "Lost in translation", non l'ho provata quasi mai, forse perché non siamo mai stati in difficoltà. Tutto è molto organizzato e molto preciso, ci sono cartelli dappertutto (quasi sempre anche in caratteri occidentali), per cui perdersi è davvero difficile. E su Internet trovate tutto, per cui potete partire preparati. Purtroppo sono veramente pochi i giapponesi che parlano inglese (altro luogo comune) e anche quelli che lo parlano lo parlano malissimo (troppo diverso dalla loro lingua). Un piccolo trucco, per ovviare alle difficoltà comunicative, è quello di avere sempre con sé una stampa di quello che vi serve o del posto dove dovete andare. E' molto più semplice quando si chiedono informazioni mostrare direttamente una foto o un nome stampato su un foglio.

Premessa numero 2, avevo sempre letto che il Giappone è carissimo. Non è vero. Vi faccio qualche esempio: biglietto bigiornaliero per la metro di Tokyo, circa 8 euro. Giornaliero dei bus a Kyoto, 4 euro. Una Coca-Cola alla macchinetta, circa 1 euro. Ingresso ai templi, 4-5 euro. Cena in cui abbiamo speso di più: 50 euro in due (ma ci siamo sfondati di sushi; di solito spendevamo molto meno). Le uniche cose davvero care sono i taxi e il treno. I taxi praticamente non dovete prenderli mai, con i mezzi pubblici andate dappertutto, e per il treno fate il Rail Pass e risparmiate tantissimo. Per mangiare, ci sono ristoranti di tutti i tipi, e molti anche economici in cui però si mangia sempre bene. Inoltre, l'anno scorso lo yen era abbastanza forte rispetto all'euro (1 euro = 133 yen). L'anno prima 1 euro = 170 yen, e sarebbe stato ancora più economico. Quest'anno va un po' peggio, 1 euro = 120 yen. Purtroppo la roba elettronica, a parte tutti i problemi di standard vari, costa di più (a volte anche MOLTO di più) per cui lasciate perdere. Per la cronaca, alla fine ho speso, tutto compreso (volo Alitalia, hotel 3 e 4 stelle, rail pass per 7 giorni, assicurazione medica e spese in loco) circa 2100 euro per 2 settimane, prenotando tutto su vari siti Internet. Fattibilissimo.

ATTENZIONE: Il viaggio in Giappone può dare dipendenza. Al vostro ritorno ne avrete subito nostalgia, e vorrete tornare. Siete stati avvisati.

Ed ora via con i consigli (metto anche una selezione di link utili).

Soldi. Vi conviene cambiarli direttamente in aeroporto. In giro uffici Exchange non ne abbiamo visti, però abbiamo cambiato altri soldi in un ufficio postale senza problemi. Se invece volete prelevare con la carta di credito, purtroppo anche se tutti gli sportelli presentano i simboli Visa e Mastercard in realtà accettano solo carte emesse in Giappone (provato personalmente, non funzionano). Dovrebbero fare eccezione i Bancomat di Citigroup e della catena di supermercati 7eleven, che sono abbastanza diffusi (ma non abbiamo provato; ho fatto solo una mezza prova senza prelevare in un 7eleven e non ha rifiutato la carta). Attenzione anche al fatto che le carte di credito comunque sono poco diffuse, per cui vi conviene sempre avere contanti.

Aeroporto > Tokyo. Per andare dall'aeroporto a Tokyo avete varie alternative. Ve ne consiglio due: se avete attivo il Rail Pass, prendete il Narita Express che è compreso (ed è anche il più caro). Altrimenti prendete la Keisei line, che ci mette poco di più e costa molto meno.

Metropolitana. La metro di Tokyo ha 15 linee, 11 della Tokyo Metro e 4 della Toei. Con le 11 della Tokyo Metro andate dappertutto, per cui vi conviene fare il giornaliero solo di quella (e non quello congiunto delle due). Anzi, fate il bi-giornaliero che è venduto SOLO in aeroporto e costa ancora meno. Così non dovete cercare di capire il complicato sistema di tariffe (il prezzo cambia a seconda della distanza) e non dovete comprare i biglietti tutte le volte. In ogni caso, se avete il rail pass valido, potete prendere anche la linea Yamanote che è molto comoda.

Vi segnalo inoltre questa comodissima guida che elenca tutti i luoghi turistici principali, con indicate le fermate della metro e soprattutto le uscite corrette (molte stazioni hanno decine di uscite, e se sbagliate vi ritrovate da tutt'altra parte ed è molto difficile ritrovare la strada giusta).

La mappa di tutte le linee (utilissima) è qui.

A Kyoto invece, la metro ha solo due linee, e la maggior parte dei templi sono raggiungibili solo in autobus. Vi conviene fare il giornaliero dei bus, che costa 500 yen. Tutte le info qui.

Treno e Rail Pass. Il Japan Rail Pass è un abbonamento per il treno, riservato ai turisti. Lo potete comprare solo fuori dal Giappone (non ho ancora capito perché, ma pare per motivi fiscali), per cui dovete pensarci prima di partire. E' venduto in varie tipologie a seconda della zona coperta, ma l'unico utile per i turisti è quello All Japan, con il quale potete andare dappertutto. Dura 7, 14 o 21 giorni dall'attivazione. Potete prendere tutti i treni, compresi gli shinkansen (escluso il Nozomi, il più veloce) e anche il Narita Express per l'aeroporto e la linea Yamanote a Tokyo (sono escluse solo alcune linee private, ma difficilmente dovrete prenderle). Basta esibirlo all'addetto e salire sul treno, per quelli locali; per gli shinkansen la prenotazione è gratuita. Nel complesso è molto conveniente, per es. un singolo viaggio A/R Tokyo-Osaka costa circa 30000 yen, il JRP per una settimana costa 28300 yen. Io l'ho comprato da HIS Italy (molto efficienti).

Trovate gli orari degli shinkansen qui. Quasi inutili, sono frequentissimi.

Una mappa dell'area di Tokyo è qui (utile se dovete andare a Nikko, Kamakura o Yokohama).

Cellulari. I cellulari GSM non funzionano perché il sistema GSM in Giappone non c'è mai stato, usano uno standard diverso. Invece quelli UMTS funzionano, almeno con Softbank che è il carrier con cui c'è il roaming sia per Vodafone che per Wind. Noi non abbiamo avuto problemi sia a telefonare che a ricevere e mandare SMS. Occhio alle tariffe comunque, che possono essere salate. Vodafone ha una pagina apposita e la tariffa Passport anche per il Giappone, molto conveniente.

Elettricità. L'elettricità è a 100V, ma ormai questo non è più un problema, dato che quasi tutti i caricabatterie dei cellulari e delle macchine fotografiche e gli alimentatori dei PC supportano il voltaggio universale (100-240V, 50/60hz). Le spine però sono diverse, uguali a quelle americane (eredità della guerra persa), cioè con le due lamelle piatte. Il relativo adattatore si trova comunque facilmente anche nei supermercati italiani, e costa davvero pochissimo.

Orari. Attenzione agli orari: quasi tutti i templi e le attrazioni visitabili chiudono tra le 16 e le 17. I giapponesi mangiano presto, dopo le 21/21.30 difficilmente riuscirete a cenare. La metro non è H24, chiude circa alla 1 di notte.

Calzini. Sempre in ordine. Vi capiterà di dover togliere le scarpe per visitare i templi o il castello Nijo a Kyoto, e anche in qualche ristorante...

Mancia. Non bisogna darla mai. Si offendono. Inconcepibile per loro prendere dei soldi per un servizio che è già dovuto.

Assicurazione. In Giappone l'assistenza medica è tipo negli USA, per cui vi conviene fare un'assicurazione sanitaria prima di partire. Io l'ho fatta sul sito Viaggisicuri dopo aver letto un po' in giro, ma non essendomi servita (per fortuna) non so dirvi se sia buona o no. Sicuramente è economica rispetto a nomi più famosi.

A questo punto, non mi resta che augurarvi buon viaggio!

Viaggio in Giappone - Curiosità

Eccomi dunque a fare un nuovo post sull'amato Giappone; questa volta vi parlerò delle infinite curiosità che troverete in un viaggio del genere.

Cominciamo. Ordine sparso (come tutto il blog). Qualche foto era già stata pubblicata ma repetita iuvant. Attenzione: post fiume!


Cibo. Il sushi non è così diffuso come pensavo. Ci sono anche tanti tipi di zuppe (che in genere evitavamo perché non si capisce mai cosa c'è dentro) e piatti a base di carne, anche se carne sta a pesce 1 a 10. Io per esempio ho mangiato spesso un piatto composto da ciotolone di riso e due o tre gamberoni impanati sopra. Molto buono. Il sushi comunque è molto simile a quello che mangio qui, ma c'è più varietà di pesce (comunque difficile da distinguere per me). Da Mac invece c'è la stessa roba identica, più il Teriyaki Burger. Ah, io non so usare le bacchette, e per sicurezza mi ero portato delle forchettine di plastica (!!). Non sono servite, ovunque ho chiesto le posate me le hanno portate senza problemi. Tranne una volta a mangiare sushi, che mi hanno dato le bacchette di plastica attaccate in fondo, per gli impediti come me.



Cibo in vetrina. Quasi tutti i ristoranti, dal più bello al più scrauso, hanno il menu con le foto (e vi posso assicurare che aiuta non poco). Ma mica è finita qui. Quasi tutti hanno anche il cibo finto in vetrina. Sono dei piatti fatti di plastica e cera, che riproducono alla perfezione il piatto vero. Alcuni sono dei piccoli capolavori, tanto sono perfetti anche nei minimi dettagli. E non è una cosa pensata per i turisti, è proprio una loro abitudine.



Auto. Io amo le auto giapponesi, ma il paradosso è che quelle vendute fuori dal Giappone sono più belle di quelle che usano a casa loro. La produzione interna è molto più vasta, ma molte auto per noi sono inguardabili: squadrate, massicce, con una linea anni 80. E anche tanti piccoli monovolume e minivan. Ci sono anche quelle belle comunque, come la bellissima Nissan GT-R che ho scoperto essere venduta anche in Italia. Molto diffuso il tuning, specialmente a Kyoto. E molte auto hanno un'asticella verticale con un piccolo led in cima nell'angolo anteriore sinistro, che mi sono chiesto più volte a cosa cavolo servisse. Credo serva da riferimento per il guidatore, che è a destra, per vedere fin dove arriva il muso. Brutta ma pratica. Ah, abbiamo visto anche un paio di Ferrari... E le pompe di benzina, siccome c'è poco spazio, hanno le pistole che scendono dal soffitto!



Shinkansen. I famosi treni giapponesi superveloci. Bellissimi. Innanzitutto voglio sfatare un mito: tutti, ma proprio tutti, mi hanno chiesto se sono treni a levitazione magnetica (un po' come il mito delle poltrone che si muovono nei primi anni dell'Arcadia). No, non lo sono (se va bene, entreranno in servizio nel 2025). Sono treni normali, come il Frecciarossa. Arrivano sui 300 km/h. Però loro li hanno dal 1964, non so se mi spiego. Il servizio è di altissimo livello, sulla tratta Tokyo-Osaka nelle ore di punta ne partono 6 ogni ora. Come se ci fosse un Milano-Roma che parte ogni 10 minuti. Sembrano delle astronavi, o dei missili. A bordo, sono pulitissimi, e anche in seconda classe avete circa 50 cm di spazio per le gambe. Sul tavolinetto è rappresentata la composizione del treno, con la vostra carrozza e i servizi presenti nelle carrozze adiacenti. Il controllore quando entra fa l'inchino, e lo rifà quando esce. A bordo sembra di stare in aereo, silenziosissimo. Vi accorgete di andare forte quando le case fuori dal finestrino schizzano via in un attimo. In stazione, sulla banchina, è indicato dove si fermano le singole carrozze. Così voi salite sulla vostra carrozza, e non vi fate tutto il treno con valigia appresso (che oltretutto è lunghissimo, 16 vagoni). Per terra è indicato dove sarà la porta, e il treno si ferma lì. Non un metro prima o un metro dopo. Lì. Ma la cosa più incredibile, sapete qual'è? La puntualità assoluta. Sul biglietto è indicato l'orario di partenza e quello di arrivo. Se l'orario di arrivo è per es. 15.48, il treno entrerà in stazione a .48, non a .47 o .49. Ed è SEMPRE così. Fantascienza. Purtroppo non abbiamo provato il Nozomi JR500 (il primo qui sotto, la foto è di Ale), che non è compreso nel Rail Pass, ma ci siamo dovuti "accontentare" dell'N700.



Le ragazze giapponesi. Pensavo fossero tutte un po' bruttine, e invece mi sono dovuto ricredere. Alcune sono proprio belle, alte, con quell'aria altera, la pelle che sembra di porcellana, timidissime. Di solito ben vestite, curate nell'abbigliamento, in giro con l'ombrellino per proteggersi dal sole. L'anno scorso poi andava molto la minigonna, anche se molte hanno le gambe a X. Però in kimono sono bellissime. Ne ho viste molte con compagni occidentali (mai il contrario). La società giapponese è molto maschilista e probabilmente gli uomini occidentali sono di mentalità più aperta. Solo una cosa non ho capito: con 34 gradi e 99% di umidità, molte indossano comunque i collant. Come ciò sia umananamente possibile rimane un mistero. Anche gli uomini comunque. Per gli impiegati, giacca e cravatta, sempre.



Kimono e divisa. Del kimono ho già parlato prima. Molto diffuso a Kyoto, meno a Tokyo. Lo indossano tutte, anche le ragazze giovani. E anche qualche uomo. E ho scoperto che... le ragazze in kimono mi fanno impazzire! Volevo prenderne uno, ma non avevo nessuna a cui farlo indossare... E poi le studentesse in divisa, tantissime, proprio come nei cartoni animati, tutte vestite uguali. Carinissime.



Gentilezza assoluta. I giapponesi sono gentilissimi, al limite dell'imbarazzo. In albergo e sugli shinkansen è un continuo inchinarsi. Al ristorante e nei negozi verrete salutati appena entrate. Provate a chiedere un'informazione per strada e si faranno in quattro per capire, anche se non spiccicano una parola di inglese. Allo stesso tempo però, percepite che c'è sempre una barriera tra voi e loro. Difficile comunicare veramente.


Programmi tv. Assurdi. La sera in albergo accendevamo la tv. E' piena di programmi tipo Mai dire Banzai, candid camera davvero cattive, e altre robe abbastanza incomprensibili. Una sera ho visto delle tipe molto carine, in costume, che davano da mangiare a dei ragazzi qualcosa che doveva essere davvero schifoso, a giudicare dalle facce che facevano. Mezz'ora così, con le risate finte sotto. Boh.... E poi il mio socio non mi ha propinato un paio di documentari di guerra? Quelli almeno conciliavano il sonno...


Macchinette per le bibite. Sono ovunque, e sono tantissime. Letteralmente, non dovete mai fare più di 100 metri in qualunque direzione per trovarne una. Per strada, nelle stazioni, nei parchi, addirittura nei templi. Ci sono alcune bibite universali (Coca Cola in primis, ma anche Pepsi e 7UP) e molte che non si capisce cosa sono. Più molti tipi di the diversi. Ne ho provati alcuni. Imbevibili. Amarissimi. Alla fine prendevo sempre il Lipton, e anche quello secondo me era più amaro del nostro. Ah, e ho provato la Dr. Pepper, una specie di cola al caramello, dolcissima. Lasciamo perdere... Non ho provato la Fanta Grape, all'uva. Prossima volta. Comunque, nel caldo assurdo che faceva, le abbiamo usate spessissimo. Non ne abbiamo MAI trovata una fuori uso o danneggiata. Efficienza nipponica, sempre.



Macchinette per i biglietti. Qualsiasi tipo di biglietteria è automatizzata. Metropolitana, treni, persino i templi. Qui qualche difficoltà c'è in effetti... non tutte hanno la traduzione in inglese. Però alla fine le abbiamo usate solo per la metro di Kyoto. Per quella di Tokyo avevamo i biglietti bi-giornalieri presi in aeroporto, e per i treni con il Rail Pass basta esibirlo e passare (tranne per lo shinkansen, che è sempre meglio prenotare). Al limite chiedete a qualcuno di aiutarvi.



Water hi-tech. Finalmente ho provato il famoso cesso giapponese, il washlet. Allora, il bidet non esiste. Il water, invece, ha una console con vari pulsanti, da cui potete attivare varie funzioni. Spruzzino dietro (precisissimo) e davanti (più delicato, per le signore). Escono dei beccucci all'uopo da sotto. Potenza del getto regolabile, asse riscaldato, deodorante. Il nostro però non aveva il finto sciacquone. Si, finto. Perché? Semplice, il giappo si vergogna dei suoi rumori corporali, e li copre con il finto sciacquone. Geniale. Ah, e c'è anche il pulsante d'emergenza STOP, che non si sa mai. Questo in foto è quello della nostra camera. Una volta ho usato però il bagno della hall. Entro, e il copriwater si solleva da solo. Fantastico. Faccio le mie cose e alla fine... panico! Il pulsante per lo sciacquone era sulla console, e non a parte come nel nostro. E le scritte tutte in giapponese, niente disegni. Cazzo, e se parte lo spruzzino con ancora tutta la merda dentro? Non ci voglio pensare... mi scosto e premo il pulsante più grosso. Era quello giusto.



Terremoto. Ci siamo beccati anche due terremoti. Uno di grado 6.4, di notte. Esperienza surreale. Ne ho parlato qui. Ho letto che aspettano il Big One a Tokyo, che è in ritardo. Vero che è tutto antisismico, ma nel 1995 a Kobe ci sono stati 5000 morti. Meglio non pensarci.


Minimarket. Anche questi sono ovunque, e aperti H24. Comodissimi, per comprare bottiglie d'acqua da tenere in camera o qualcosa da mangiare a pranzo, se siete in giro e non volete fare un pasto impegnativo. E i cerotti, per le mie vesciche.


Cicale e corvi. Anche in città è pieno. Dei corvacci che fanno un casino... e delle cicale giganti. E per giganti intendo GIGANTI. La foto con la moneta da 50 centesimi di euro rende l'idea. Questa è stata schiacciata per sbaglio da un ragazzo che correva. La cicala ha iniziato a emettere un suono fortissimo, tanto che ci siamo spaventati. Sembrava un antifurto. E soprattutto, non è morta. Vedete un po' voi...



Indicazioni. Per qualsiasi cosa, non c'è problema. C'è sempre un cartello, una mappa, una cartina, un'annuncio sonoro. Anche in caratteri occidentali, almeno nei posti principali. Nonostante quello che si crede, perdersi è davvero difficile. Poche volte ci è capitato di trovare scritte solo in ideogrammi. E lì però sono cazzi... E poi tanti cartelli sono tutti fumettosi, simpaticissimi.



Neon. Tokyo di notte, illuminata da migliaia di neon, è bellissima. Addirittura, il cielo diventa luminescente da quanti ce ne sono. Li adoro...



Affollamento. I giapponesi sono tanti, quasi 130 milioni, cioè il doppio degli italiani in un territorio che invece è grande come l'Italia, ma che è per il 70% montuoso. Per cui ovunque andate c'è sempre una marea di gente. Tutti gentili, precisi, ordinati, fanno la fila, non spingono. Il che rende il tutto più sopportabile. Anche se qualche volta non ne puoi più...



Grattacieli. Ho un debole per i grattacieli. A Tokyo ce ne sono tanti. Saliteci sopra, e guardatela dall'alto. Per esempio sul Tokyo Metropolitan Governement Building, che è gratis, o sulla Mori Tower, a Roppongi, oppure sulla Tokyo Tower. Salite nel tardo pomeriggio, e godetevi il tramonto, e poi la città illuminarsi. E' bellissima.



Megastore di elettronica. Da perderci la testa, tanta è la roba che c'è dentro e che qui in Italia magari fareste molta molta fatica a trovare. Ne ho già parlato qui. Se vi piace il genere, potreste passarci una giornata intera. Metto anche un paio di foto da deformazione professionale :-)



Cellulari. Onnipresenti, e tutti uguali. Modelli mai visti qui. Quasi tutti hanno quello a conchiglia, o l'iPhone, diffusissimo. E non li sentite mai suonare. In due settimane ne ho sentito squillare uno, e il tizio è corso fuori dalla carrozza del treno quasi vergognandosi. Comunque ce li hanno sempre in mano, per mandare SMS o giocare, poco per telefonare. Ho cercato di sbirciare uno di fianco a me in metro per capire come fanno a scrivere gli SMS con gli ideogrammi (che sono migliaia). Non ho capito.


Crocs. Si dice che quando una moda finisce anche in Giappone, allora è davvero finita in tutto il mondo. Ecco, qui un sacco di gente andava ancora in giro con le Crocs.


Avvolgiombrelli e portaombrelli. Geniali. Siccome piove spesso, i giapponesi si portano spesso dietro l'ombrello. E vuoi entrare in un negozio sgocciolando dappertutto? Certo che no... basta usare l'apposito avvolgiombrelli che si trova all'ingresso. E' una macchinetta con la quale in tre secondi infilate l'ombrello in una busta di plastica, senza doverla toccare. Quando uscite la togliete, e via. Fuori dall'hotel, invece, c'era questa fantastica griglia portaombrelli, con tanto di lucchettini e combinazione.



Cavi elettrici. E' l'unica cosa inspiegabile. In un posto dove tutto è organizzato, efficiente, puntuale, l'unica cosa stranissima è la gestione della rete elettrica. Pali ovunque e cavi che passano in aria e disegnano grovigli assurdi, intrecci, ammassi. Specialmente a Kyoto. Mah...


Ah, quanti ricordi...