Viaggio in Giappone - giorno 5

Oggi andiamo a visitare Nara, che è una piccola cittadina tra le più antiche di tutto il Giappone. Prima però, dato che è di strada (è la prima fermata del treno) ci fermiamo al santuario di Fushimi Inari-taisha, che è il più grande santuario dedicato alla divinità Inari.

E' un posto molto scenografico, dato che il suo percorso di 4 km si svolge interamente passando sotto centinaia (o forse migliaia) di torii rossi. I torii sono dei portali di legno considerati come un simbolo di fortuna e prosperità (li trovate un po' ovunque). Facciamo tutto il percorso completo, salendo fino in cima alla montagnetta e scendendo poi dall'altra parte. In sé non sarebbe neanche troppo impegnativo, ma questa credo che sia stata la giornata più calda in assoluto di tutto il viaggio. Grondiamo letteralmente sudore e più volte dobbiamo fermarci a riposare e bere. Veramente faticoso, ma ne è valsa la pena.







Mangiamo al volo e riprendiamo il treno per Nara, dove arriviamo in circa un'ora. Anche a Nara ci sono parecchi templi, ma dato che è già pomeriggio optiamo per il più importante, il tempio Todai-ji, famoso per l'enorme statua di Budda alta 16 metri al suo interno. In realtà Nara è famosa anche per il suo parco in cui vivono liberi centinaia di cervi. Scorrazzano tranquillamente in lungo e in largo, in cerca di turisti che gli comprino gli appositi biscottini, incuranti della folla e di tutto il resto. Si lasciano accarezzare senza problemi, davvero simpatici.









Nel tardo pomeriggio stiamo per tornare a Kyoto quando scopriamo che proprio in quei giorni si svolge una manifestazione del tipo "Suoni&Luci". In pratica all'imbrunire tutti i monumenti principali vengono tappezzati di centinaia di piccole lanterne illuminate, che creano un effetto davvero molto scenografico. Decidiamo perciò di rimanere anche per cena e goderci lo spettacolo (purtroppo le foto che ho fatto non rendono per nulla l'atmosfera).



Torneremo a Kyoto con uno degli ultimi treni.

Ceruleo

"Ti fa ridere?

No... no no... no, niente. Ecco, solo che quelle due cinture mi sembrano esattamente identiche... cioè io sto ancora imparando tutto di questa roba...

Di quest... di questa roba? Oh certo, ho capito. Tu pensi che questo non abbia nulla a che vedere con te? Tu apri il tuo armadio e scegli... non lo so, quel maglioncino azzurro infeltrito per esempio, perchè vuoi gridare al mondo che.. che ti prendi troppo sul serio per curarti di cosa ti metti addosso. Ma quello che non sai è che quel maglioncino non è semplicemente azzurro, non è turchese, non è lapis: è effettivamente ceruleo. E sei anche allegramente inconsapevole che nel 2002 Oscar de la Renta ha realizzato una collezione di gonne cerulee. E poi è stato Yves Saint Laurent, se non sbaglio, a proporre delle giacche militari color ceruleo. E poi il ceruleo è rapidamente comparso nelle collezioni di 8 diversi stilisti. Dopodiché è arrivato poco a poco nei grandi magazzini e alla fine si è infiltrato in qualche tragico angolo casual, dove tu evidentemente l'hai pescato nel cesto delle occasioni. Tuttavia, quell'azzurro rappresenta milioni di dollari e innumerevoli posti di lavoro e siamo ai limiti del comico quando penso che tu sia convinta di aver fatto una scelta fuori dalle proposte della moda: quindi in effetti indossi un golfino che è stato selezionato per te dalla persona qui presente in mezzo a una pila di roba."

Miranda Priestly - Il Diavolo veste Prada

Viaggio in Giappone - giorno 4

Oggi è la giornata dei templi. Kyoto, essendo l'antica capitale del Giappone, è letteralmente costellata di templi grandi e piccoli (secondo la guida sono circa 1800). Quelli più famosi sono una decina e sono situati ai margini della città, a est e a ovest, motivo per cui conviene visitare un giorno quelli a est e l'altro quelli a ovest. Sono raggiungibili solo in autobus. Decidiamo di iniziare con quelli a est. Compriamo perciò il biglietto giornaliero direttamente in hotel (500 yen) e ci danno anche un'utile cartina per orientarci; la cosa difficile più che altro è capire dove sono le fermate (i cartelli sono minuscoli) e soprattutto azzeccare la direzione (un paio di volte siamo dovuti scendere e risalire dall'altra parte).

Piccola parentesi sugli autobus: si sale da dietro e si scende davanti, e si paga prima di scendere davanti all'autista. Così si neutralizzano i furbi, che peraltro in Giappone non esistono (inconcepibile non pagare per loro). Persino sugli autobus ci sono ampi display che riportano la prossima fermata con tanto di annunci sonori. Gli autisti hanno sempre i guanti. Tutto come da noi.

Il primo tempio che visitiamo è il Ginkaku-ji, detto anche Padiglione d'Argento. Purtroppo non ce lo godiamo più di tanto perché un'ampia parte è in restauro e quindi chiusa al pubblico. Il giardino però è molto bello.



Passiamo poi al tempio Kiyomizu-dera, che personalmente è quello che mi è piaciuto di più. E' composto da diversi edifici, con il principale che è su palafitte e affacciato su uno strapiombo. La stradina per arrivarci è stretta e ripida, e costeggiata da negozietti che vendono di tutto. Molto turistico, ma comunque piacevole (anche perché i giappi non vi importunano MAI con la richiesta di acquistare qualcosa). C'è anche la fonte sacra con l'acqua che cade dall'alto. Davvero uno spettacolo.











Infine, decidiamo che il terzo tempio della giornata debba essere il Sanjusangendo, che ha al suo interno ben 1000 statue della dea Kannon. E qui succede il guaio: sulla cartina non lo trovo, mi confondo sul nome e ci dirigiamo invece verso il tempio Sennyuji. Oltretutto la fermata dell'autobus è a ben 700 metri e dobbiamo chiedere più volte prima di arrivarci. Siamo stravolti dal caldo e quando arriviamo il dubbio ci viene. Alla fine capiamo che abbiamo sbagliato tempio, ma ormai siamo lì e decidiamo di visitarlo lo stesso. E' tutto scritto solo in giapponese (negli altri invece c'erano anche scritte in inglese) e siamo gli unici occidentali presenti. Anzi, a un certo punto all'interno ci siamo solo noi, in questo tempio sperduto in mezzo alla boscaglia. Almeno abbiamo visto un posto fuori dai soliti percorsi turistici. E' stata una bella sensazione.



Infine, la sera torniamo a Pontocho, quella vera però! Infatti scopriamo che quella che avevamo visitato la prima sera, non era la via in questione bensì la parallela! Pontocho è una stretta stradina, larga si e no un paio di metri, su cui si affacciano decine e decine di locali, soprattutto ristoranti e case da the. La maggior parte però sono esclusivi e inaccessibili agli occidentali, se non presentati da un giapponese. La passeggiata comunque è piacevole e mi offre lo spunto per qualche bella foto.





Facciamo un giro anche sul lungofiume, dove si ritrovano centinaia di giovani, seduti a bere qualcosa, ascoltando gruppetti rock improvvisati. E' venerdì sera, e c'è davvero tanta gente. Rimango sorpreso nel vedere tante ragazze giovani indossare il kimono, anzi a essere precisi lo yukata (kimono estivo). Come queste ragazze che attendono il loro turno in un locale karaoke. Faccio loro segno se posso fotografarle e si mettono in posa, con le solite dita a forma di V (ancora non ho capito perché assumono sempre questa posa).



E la giornata è finita. Domani si va a Nara.

La lingua italiana evolve

Si sa che le lingue sono sempre in evoluzione, anche se non sempre positiva (vedi per esempio l'idea bislacca di eliminare il congiuntivo). A volte invece cambia il significato di espressioni consolidate.

Per esempio, "utilizzatore finale" cosa vuol dire? Fino a poco tempo fa, tante cose. Adesso, vuol dire "uno che va a zoccole".

E invece, ripreso in "momenti privati" ? Che saranno mai questi momenti privati? Giocava a briscola con gli amici del circolo? No, non può essere. Guardava la TV in mutande con una birra in mano? Uhm, no, non può essere neanche questo. Era con una zoccola? No, quello è l'utilizzatore finale... Ah, ho capito: era con un travone! E ci voleva tanto a dirlo?

Davvero?

Anche io sto morbosamente seguendo la vicenda di Garlasco, di cui i vari Matrix e Porta a Porta non ci risparmiano proprio nulla. Adesso, con tutte queste nuove perizie a favore di Stasi, una cosa in particolare mi ha colpito.

Uno dei periti ha sentenziato, dopo due anni, che il fatto di aver trovato il DNA dei due fidanzati sul portasapone del bagno non è un elemento significativo, perché i due avrebbero potuto toccarlo un numero imprecisato di volte.

Ma va? Davvero? Si lavavano le mani? Ma due anni fa non c'era l'influenza A, cosa se le lavavano a fare? E' sicuramente un comportamento sospetto.

Al di là dell'ironia, non mi stupisce tanto quest'affermazione quanto il fatto che qualcuno potesse pensare il contrario. Come nel caso di via Poma, dove dopo 15 anni circa con nuove tecniche di analisi hanno trovato la saliva del fidanzato sul reggiseno della vittima. Sapete com'è, tra fidanzati magari una sbavatina sulla tetta ci sta...

Per favore


Per favore, qualcuno spieghi ai signori delle varie procure che a fare un gruppo su Facebook intitolato "Uccidiamo questo o quello" o "Viva la mafia" ci vogliono 10 secondi. Ci vogliono 10 secondi anche per iscriversi e altri 10 secondi per dimenticarsi di averlo fatto.

Che pensassero ai criminali veri... invece di queste stronzate...

Quasi quasi creo un gruppo su Facebook...

Viaggio in Giappone - giorno 3

Il terzo giorno (nonché il primo vero giorno in Giappone) inizia molto tardi. Infatti la sera prima, stravolti dal fuso orario, decidiamo di non mettere la sveglia e dormire un po' di più. Infatti ci svegliamo alle 12 circa!!

Urge mettere qualcosa sotto i denti. Decidiamo per una ricca colazione anche se è già ora di pranzo. In hotel non abbiamo la colazione compresa (non c'è quasi mai negli hotel giapponesi) e se la vogliamo costa qualcosa tipo 20 euro, per cui optiamo per lo Starbucks che è proprio di fronte. E qui la prima sorpresa: dietro allo Starbucks c'è un tempio incastrato tra i palazzi, e tutta la parete posteriore del locale è un'enorme vetrata che dà sul tempio. Così facciamo colazione con questa splendida vista, e subito dopo ovviamente lo visitiamo. E' un aperitivo per gli altri templi per cui Kyoto è giustamente famosa (secondo la guida ce ne sono 1800, anche se quelli famosi sono una decina). Torneremo lì tutte le mattine.



A stomaco pieno decidiamo che, dato che mezza giornata ce la siamo già giocata, ci conviene rimanere in zona. E allora subito a visitare il castello Nijo, che è a due o tre isolati di distanza. Così passeggiamo un po' per la città e prendiamo contatto con una realtà che davvero è ad anni luce dalla nostra. E non lo ripeterò mai abbastanza, ma sembra di essere in un cartone animato.

Il castello è molto bello, anche se molto più scenografico all'esterno che all'interno.







Alle 16 in punto ci sbattono fuori (quasi tutti i luoghi visitabili chiudono tra le 16 e le 17) e andiamo allora a vedere il Palazzo Imperiale e relativo giardino. In realtà solo il giardino perchè il Palazzo non è visitabile se non con un permesso speciale. Il giardino è enorme, e contiene anche un piccolo laghetto.





La sera poi ci avventuriamo a mangiare in un ristorante dove si ordina alla macchinetta. In pratica per non perdere tempo a prendere le ordinazioni, si ordina e si paga ad un'apposita macchinetta che si trova fuori dal locale o subito all'ingresso. E' tutto scritto in giapponese ma per fortuna le foto dei piatti sui pulsanti aiutano. Alla fine si prende lo scontrino che esce, ci si siede e si consegna al cameriere. Poco dopo arrivano i nostri piatti, identici a quelli visti in vetrina. Non mi ricordo cosa abbiamo mangiato ma siamo usciti soddisfatti.



Passeggiatina notturna e la giornata è finita. Sempre con quel caldo devastante...



Periodo di transizione

"Dunque, esaminiamo la situazione: normalmente le vostre budella si ritroverebbero sparpagliate nel locale, ma per caso mi avete trovato in un periodo di transizione, perciò non voglio uccidervi, voglio aiutarvi..."
Jules Winnfield - Pulp fiction


> 4 min 40 sec

Escort

In questo periodo si parla molto di escort.

Mia madre: "Ma cosa vuol dire escort?"

Io: "Ehm... Mamma... Uhm..."

Mio padre: "Vuol dire puttana"

Viaggio in Giappone - giorno 2

Atterriamo all'aeroporto di Tokyo Narita alle 9 di mattina circa (ora locale, per noi sono le 2 di notte). Scendiamo dall'aereo con il comodo finger e cominciamo a dirigerci all'uscita. L'aeroporto sembra deserto. Arriviamo quindi al controllo passaporti dove l'efficienza nipponica inizia a palesarsi: ci sono un sacco di banchi aperti e un simpatica sciura smista il traffico. Formalità velocissime, impronte, foto (e vabbè). Dopodiché recuperiamo le valige (che erano già sul nastro) e ci mettiamo in coda alla dogana. Al tizio davanti a me fanno aprire il bagaglio, a me invece nulla e a questo punto siamo ufficialmente in Giappone.

In effetti l'arrivo è un po' inquietante perché quasi tutti gli addetti che incontriamo indossano le mascherine. I giapponesi hanno quest'abitudine, cioè una persona con l'influenza si mette la mascherina per non spargere i suoi germi in giro come gesto di cortesia. Però in questo caso credo sia il contrario... Ci misurano anche la temperatura con la telecamera a infrarossi.

Prima di uscire abbiamo però altre incombenze da sbrigare. Prima di tutto cambiamo i soldi (anche qui un addetto ci aiuta a compilare il modulo), poi compriamo i biglietti bi-giornalieri per la metro di Tokyo (quelli venduti in aeroporto costano un po' meno), e infine andiamo all'ufficio della JR per avere il tanto agognato Japan Rail Pass (che permette 7 giorni di viaggi illimitati su quasi tutta la rete ferroviaria giapponese, e va acquistato prima perché in Giappone non lo potete comprare!). Qui ci prenotano direttamente il Narita Express fino a Shinagawa e lo shinkansen fino a Kyoto.







Abbiamo deciso infatti di fare il giro al contrario, prima Kyoto e poi Tokyo. Questo per evitare di dover tornare da Kyoto il penultimo giorno e dover prenotare un'ultima notte a Tokyo. Inoltre, la settimana di ferragosto (pur non essendo per loro festivo) anche i giapponesi si spostano molto (il rito dell'Obon, in pratica tornano al paesiello natio), per cui abbiamo deciso di anticipare tutti gli spostamenti alla prima settimana e stare la seconda a Tokyo.

Saliamo quindi sul treno e ci mettiamo a guardare fuori dai finestrini come due bambini... La prima cosa che notiamo sono i pali della luce con il trasformatore come nei cartoni animati! Per il resto, distese di campi e casette a due piani, piccole piccole.

Siamo in Giappone!!

Arriviamo alla stazione di Shinagawa puntualissimi e qui seguiamo i cartelli per gli Shinkansen track. Il nostro treno dovrebbe partire alle 13.10, sono le 13.07 e ancora non si vede. Ma ecco che, all'orario esatto, compare un bellissimo N700. Saliamo e ci piazziamo nei posti prenotati. Il treno riparte al volo (sarà stato fermo si e no un minuto) e in 2 ore e 38 minuti ci porta a Kyoto (507 km!! Media di 192 km/h). Questi treni sono favolosi, bellissimi, pulitissimi, puntualissimi. Ci sono troppe cose da dire, gli dedicherò un post apposito.

Siamo a Kyoto, dunque, ma non siamo ancora arrivati. Mancano tre fermate di metropolitana. E qui c'è la prima difficoltà: acquistare il biglietto alle macchinette automatiche che sono solo in giapponese. Dopo un paio di tentativi a vuoto, riusciamo nell'impresa. Dovremo farci l'abitudine, perché sono diffusissime per comprare qualsiasi tipo di biglietto e spesso non esiste la biglietteria "umana".

Scendiamo quindi alla fermata di Karasuma Oike e qui scatta la seconda difficoltà, orientarsi e trovare l'albergo. Nonostante avessimo la piantina, non riusciamo a capire dove siamo esattamente. Chiediamo a un ragazzo (non giapponese) e lui ci indica la strada. In realtà eravamo a 100 metri dall'albergo. Questo è anche il primo momento in cui prendiamo contatto con il mondo esterno (finora eravamo rimasti sempre nella bambagia dell'aria condizionata): un caldo umido soffocante, cielo coperto, cappa. E nei giorni seguenti sarà anche peggio. E biciclette, tante! Se non stai attento rischi di essere investito...

L'albergo è bello, in pieno centro, anche se la stanza è piccola (come ci aspettavamo, è tipico degli hotel giapponesi). Ci facciamo una doccia e usciamo subito a fare un giro, con l'idea anche di mangiare qualcosa. Siamo stanchissimi. Ci dirigiamo quindi verso il quartiere di Pontocho, il quartiere dei divertimenti, lungo il fiume Kamo.





Vaghiamo, vaghiamo, e non riusciamo a deciderci su dove entrare a mangiare (la zona è piena di locali e ristoranti). Alla fine optiamo per un posto molto carino (anche se forse un po' turistico, ma c'erano anche giappi), scelto per via delle enormi vetrine con i piatti finti in esposizione (un'altra costante che troveremo ovunque). Le cameriere sono in kimono, e io non resisto e mi sparo subito un piatto di sushi. Del resto sono in Giappone no?



In realtà la cena non ce la godiamo più di tanto perchè la stanchezza si fa sentire, siamo svegli da quasi 30 ore. Torniamo perciò in hotel e stramazziamo a letto.

Un colpo solo

"Cristo Mike, Steven si sposa fra un paio d'ore, fra qualche giorno partiamo per il fronte e noi pensiamo ad andare a caccia. Mi sembra... pazzesco.

No, uccidere o morire in montagna o nel Vietnam è esattamente la stessa cosa, ma deve succedere lealmente.

Come? Un colpo solo?

Un colpo solo.

Io non ci credo più tanto a questa storia del colpo solo Mike.

Tu devi contare su un colpo solo, hai soltanto un colpo, il cervo non ha il fucile, deve essere preso con un colpo solo. Altrimenti non è leale."

Michael Vronsky - Il Cacciatore


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