Persone

Rieccomi con qualche foto nuova (e molte vecchie) dato che la pubblicazione delle stesse latitava da un po'. Questa volta il soggetto sono le persone, croce e delizia di ogni fotografo. E' difficile infatti fare belle foto alle persone, soprattutto se vuoi coglierle in momenti spontanei; se infatti si accorgono che le stai fotografando, si mettono chi più chi meno in posa per te e la foto viene in qualche modo alterata. A me piacciono molto di più le foto spontanee, a meno che si stiano facendo dei ritratti specifici.

Eccomi dunque con un album "virtuale" che raccoglie varie foto, alcune già pubblicate nei rispettivi album sotto "Luoghi" (dovevo pur decidere un metodo di classificazione), altre invece nuove nel senso che non hanno un album dedicato per cui le pubblico ora per la prima volta. Ce ne sono diverse fatte in Giappone, ero indeciso se pubblicarle o no dato che sono tante (forse troppe), ma alla fine ho deciso di includerle perché mi piacciono molto. Questo album comunque non sarà statico ma si arricchirà nel tempo di nuovi scatti.

L'album è qui: http://donnifoto.zenfolio.com/persone

Come al solito potete vedere lo slideshow qui sotto:

Saint Maarten

Continuiamo la serie di post "aerei" parlando di un altro luogo molto famoso tra i plane spotters: Saint Maarten.

Saint Maarten è una piccola isola delle Antille olandesi, situata più o meno tra le Isole Vergini e Antigua. E' molto frequentata dai turisti e dotata di un piccolo aeroporto, dove però (proprio a causa dell'elevato numero di visitatori) atterrano aerei abbastanza "grossi".

La pista è a pochi metri dal mare, e questa non è una situazione inusuale: anche a Lanzarote e Skiathos è così, ma in questo caso la particolarità sta nel fatto che la spiaggia di Maho Beach è frequentata normalmente dai bagnanti, e tra la spiaggia e la pista passa anche una strada che rimane aperta anche durante decolli e atterraggi. L'atterraggio non è difficile come quello di Hong Kong (l'avvicinamento è diretto e lineare dal mare) ma la pista è molto corta (2180m) e questo costringe i piloti a toccare terra il più vicino possibile all'inizio della pista stessa. Questa combinazione di fattori fa sì che gli aerei passino bassissimi sopra la spiaggia piena di gente. Durante i decolli invece, il getto dei motori arriva fino alla battigia spingendo gli oggetti in acqua.

Al solito un paio di video valgono più di mille parole. Questo è un tipico atterraggio (notare anche l'auto che sta passando proprio in quel momento):


Altro atterraggio, questo forse anche un pelo più basso (e c'è anche un sacco di gente):


Vogliamo andare un po' più sotto?


Questo è invece l'effetto della spinta dei motori al decollo:


Infine, un video con una serie di foto da cui si colgono altri particolari:


Prossima vacanza, tutti a Saint Maarten!

Qualcosa è cambiato

Qualche tempo fa sono andato a vedere "The social network", il film che racconta la storia di Mark Zuckerberg e della nascita di Facebook. Avevo letto solo recensioni con lodi sperticate, ed ero curioso. E' un bel film, gradevole e ben fatto, anche se a parer mio non è nulla di eccezionale. Nello stesso periodo, ho risentito un cliente con cui non lavoravo da molto tempo, e che io prendevo bonariamente in giro sostenendo che è il sosia di John Gilmore.

Ma chi è John Gilmore, e cosa ha a che fare con il film su Facebook? Nulla, ma mi è venuto naturale accostare le due cose per il motivo che adesso vi spiego.

John Gilmore è uno dei personaggi mitici del mondo IT anni 90 e dei primissimi anni del boom di Internet. Solo per ricordare alcune delle sue attività, è stato uno dei fondatori della Electronic Frontier Foundation, della mailing list Cypherpunks, un grande sostenitore del progetto GNU e dell'uso della cifratura, e colui che ha creato la gerarchia alt.* di Usenet. E' stato uno dei primi 5 dipendenti di Sun Microsystems e il coautore del protocollo BOOTP che sarebbe poi diventato il DHCP che tutti noi oggi usiamo.

Il suo sito Toad.com è uno dei 100 domini più vecchi ancora attivi, e ancora oggi ha quel look dei primordi del web, HTML puro e niente orpelli, che vi farà tornare in mente le prime navigate con Mosaic e un modem da 28.8 pagato 300mila lire. Insomma, un personaggio di un certo spessore, un cazzutissimo tecnofreak nonché attivista per le libertà (digitali e non) come ormai ne restano pochi.

Ora, confrontate la foto di Gilmore con quella di Zuckerberg:


Anche tenendo conto della differenza d'età, che dite, i tempi sono cambiati? Gli hacker di ieri erano di un altro calibro. Oggi abbiamo dei ragazzini brufolosi che si inventano siti che solo pochi anni fa non erano neanche concepibili (ok, lo so, Zuckerberg non ha i brufoli ma lo volevo scrivere lo stesso). Tutto cambia e tutto evolve. Come dice qualcuno, purtroppo anche gli anni 60 e il rock anni 70 non ci sono più. Però ce li ricordiamo ancora. E ci ricordiamo ancora di Gilmore, Stallman e Wozniak. Qualcuno si ricorda per esempio di Shawn Fanning? Se probabilmente non sapete chi sia, è il creatore di Napster. Napster è stato fondamentale nel creare un nuovo paradigma, ma il suo fondatore oggi non lo ricorda quasi nessuno. Fra 10 anni ci ricorderemo di Zuckerberg?

Il regalo?

Concludiamo il trittico di post natalizi parlando dei regali, croce e delizia di ogni Natale (e non solo). Non sono uno di quelli che fa regali a venti persone, anzi, forse (colpevolmente) ne ho sempre fatti troppo pochi. Negli ultimi anni ho riscoperto in parte questo piacere, però devono essere regali sentiti, che facciano piacere a chi li riceve ma anche a chi li fa.

Il regalo fatto per obbligo sociale è un incubo. Specialmente se di quella persona ti frega poco o se proprio non sai cosa regalargli. Cominci a pensare agli oggetti più improbabili o banali, per poi scartarli uno a uno mentre la data fatidica si avvicina inesorabile. Alla fine prendi qualcosa di inutile e ti autoassolvi pensando che tanto conta il pensiero.

Il regalo a una persona a cui invece tieni può essere anche peggio. Non vuoi deluderla. In questo caso ho imparato una regola molto semplice (anche se non sempre applicabile): il regalo deve venire da sé. Non devi essere tu a cercarlo, deve essere lui a trovare te. Pensi a quella persona e sai già cosa regalargli. Sai che quella cosa gli piacerebbe tanto, o sai che ne ha bisogno. L'hai sentita dire "mi piacerebbe comprare/fare/andare/vedere" e con nonchalance hai fatto finta di niente. Oppure ti capita per caso di imbatterti in qualcosa e di pensare che piacerebbe proprio a... Ecco, il regalo è venuto da te. Se poi la persona che lo riceve non se lo aspetta, o non c'è nessuna ricorrenza particolare, è ancora più bello. Il regalo perfetto.

Effetto farfalla

Durante queste feste appena finite, si sono raggiunti livelli di traffico mai visti. A partire dal 9 dicembre, subito dopo il ponte dell'Immacolata, e fino al 23 compreso, ho imprecato ogni singolo giorno per andare e tornare dall'ufficio. La tangenziale est di Milano per più giorni è stata congestionata come non mai, alcune sere ben oltre le 21. E lo sapete di chi è la colpa? Delle strade insufficienti? Dell'incremento nella consegna di merci prima di Natale? Del freddo pungente che ha scoraggiato anche i motociclisti più temerari? Del solito incidente (in realtà basta uno che si ferma a cambiare una gomma. Se poi si ferma anche la Polizia, siamo spacciati...)? No. La colpa è mia (e anche di mio fratello).

Avete presente l'effetto farfalla? Cito dalla solita onnipresente Wikipedia: Effetto farfalla è una locuzione che racchiude in sé la nozione maggiormente tecnica di dipendenza sensibile alle condizioni iniziali, presente nella teoria del caos. L'idea è che piccole variazioni nelle condizioni iniziali producano grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema.

Da qui la famosa espressione: "Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo".

E dove sarebbe la mia colpa? Semplice. Ho ordinato un libro tre CD da Amazon. Che mi sono stati spediti in due pacchi separati, da due posti diversi, con due corrieri differenti che hanno fatto strade diverse. Mio fratello invece ha ordinato tre LP (sì, esistono ancora, e stanno tornando un po' di moda) e sono stati mandati con tre spedizioni diverse.

E poi mi lamento del traffico. Sono stato io. Il mio ordine ha messo in moto una catena di eventi ineluttabili il cui risultato è stato quello di scatenare un bordello mai visto, e farmi perdere ore seduto in una scatola di metallo. Dovrò ricordarmene la prossima volta.

E anche questo Natale...

"Silenzio! Ragazzi! Papà ci vuole dire qualche cosa.

Beh... anche questo Natale... se lo semo levato dalle palle!"

A meno che tu...

"Sono qui solo per bere un rapido drink, per ringraziarti, e poi me ne torno in camera mia.

D'accordo. Recitavi anche nel filmetto che hai fatto?

Se recitavo? Si, recitavo, perché?

Beh, spero che tu fossi più convincente di quanto sei quando fingi di essere qui solo per un rapido drink...

Sono qui per venire a letto con te, hai ragione... quindi per te la partita è vinta... a meno che tu... non ti bruci...

Brucio?

Si...

Mi brucio, vuoi dire che rovino il momento?

Si...

E come potrei farlo?

Non lo so, può essere ogni cosa... da uno stupido commento, fino a un paio di mutande sbagliate... anche se... non so come ma guardandoti dai l'idea di portare le mutande giuste...

Sei difficile da soddisfare...

Si beh... sono famosa per essere intollerante..."

Juan Antonio e Cristina - Vicky Cristina Barcelona

Goodbye Kai Tak, and thank you

Ormai tutti i miei amici sanno del mio desiderio di andare ad Hong Kong, una delle città più affascinanti del mondo (e prima o poi riuscirò a convincere qualcuno a venire con me, possibilmente donna e fidanzata: guardare il panorama di sera dal Victoria Peak con un uomo non sarebbe la stessa cosa). Quando ci andrò però, non potrò atterrare al mitico aeroporto Kai Tak.

Il Kai Tak è stato l'aeroporto di Hong Kong dal 1925 al 1998, quando è stato chiuso e sostituito dal nuovo Chek Lap Kok. E non era un aeroporto qualunque. E' famoso in tutto il mondo per la particolare procedura di atterraggio, difficile e pericolosa ma allo stesso tempo spettacolare. Infatti, l'aeroporto disponeva di un'unica pista costruita su una lingua di terra in mezzo al mare, e il metodo di approccio richiedeva una manovra molto complessa a causa dei palazzi e delle montagne che rendevano impossibile un avvicinamento diretto e lineare. Nei primi anni l'aeroporto si trovava alla periferia della città, ma, a causa del rapidissimo espandersi della zona residenziale, lo scalo venne a trovarsi circondato da palazzi. Questo complicò ancor di più le manovre di atterraggio.

Vediamo dunque in dettaglio come si svolgeva un atterraggio sulla pista 13. Gli aerei iniziavano la discesa in direzione nord-est, passando prima sopra la baia, e poi a quota molto bassa sulla zona densamente popolata di Western Kowloon. Questa parte della discesa era guidata da un IGS (Instrument Guidance System, un ILS modificato) installato nel 1974.

Una volta raggiunta una piccola collina su cui era stata costruita una gigantesca scacchiera rossa e bianca, detta checkerboard (utilizzata come riferimento visuale per la fase finale), il pilota doveva effettuare completamente in manuale una rapida virata a destra di 47° per allinearsi con la pista, e completare dopo pochi secondi l'atterraggio. Al momento della virata, l'aereo si trovava a meno di 4km dalla pista, ad un'altezza di meno di 300m, con il carrello già fuori e ad una velocità molto bassa. Questa manovra divenne famosa tra gli addetti ai lavori come "Hong Kong Turn" o "Checkerboard Turn". Non so se i piloti ricevessero un addestramento specifico prima di essere mandati a Hong Kong, ma credo proprio di sì.

Un'ulteriore complicazione era costituita dai venti, in quanto anche quando erano di direzione costante il loro angolo relativo variava durante la virata. La situazione peggiorava durante i frequenti tifoni, e le montagne presenti a nord-est causavano grandi variazioni sia dell'intensità che della direzione. Nonostante tutte queste difficoltà, questo approccio era quello usato più spesso; l'atterraggio diretto e lineare dal mare, a causa degli sconfinamenti in territorio cinese e dei venti sfavorevoli, era il meno utilizzato.

Negli anni, il traffico aumentò sempre più fino a non essere più gestibile, e il Kai Tak arrivò a essere il terzo aeroporto più trafficato al mondo. Questo convinse le autorità a progettare un nuovo aeroporto (anch'esso costruito su un'isola artificiale). Alla mezzanotte e due minuti del 6 luglio 1998 decollò l'ultimo volo, il Cathay Pacific CX251 diretto a London Heathrow. Poco dopo venne tenuto un breve discorso celebrativo nella torre di controllo, e alla fine l'ultimo controllore di volo spense le luci della pista, dicendo: "Goodbye Kai Tak, and thank you". Dopo 73 anni, il Kai Tak non esisteva più.

Mi rendo conto che la sola descrizione potrebbe non rendere bene l'idea di quanto particolare fosse questo aeroporto; fortunatamente, si trovano in rete centinaia di video, e ne ho fatta una piccola selezione.

In questo video è possibile vedere un atterraggio "quasi" normale. Quasi perché la virata è molto più stretta del solito, e notate dopo quanto poco tempo l'aereo tocca la pista.


Ma cosa succede quando i venti laterali sono abbastanza forti? Atterraggi come questo... La virata è troppo lunga e il pilota deve riallineare all'ultimo. Ma non è sufficiente, e l'aereo tocca terra fuori linea.


Un altro esempio ancora più estremo; la qualità video è scarsa ma rende l'idea. Notate il "colpo di coda" finale, e ricordate che si tratta di un 747!


E i nostri piloti come se la cavavano? Giudicate voi da questo atterraggio un po' "ruvido" di un volo Alitalia:


Anche il Concorde ha fatto la sua apparizione al Kai Tak. In questo video l'atterraggio è abbastanza normale, ma è impressionante la velocità di discesa. Notate anche l'effetto condensa sulle ali.


Finora abbiamo sempre visto gli aerei dall'esterno. Ma com'era l'atterraggio vissuto a bordo? Questo video ci porta in cabina, oltretutto in un giorno piovoso dalla pessima visibilità. Notate al minuto 1.15 la vista della checkerboard, e immediatamente dopo la virata a destra.


Si è detto di quanto gli aerei passassero a bassa quota sopra i palazzi del quartiere di Kowloon, ma è difficile capirlo vedendo solo le riprese dalle colline. Questo video, ripreso dalla strada, fa capire un po' meglio com'era la situazione (alzate il volume!):


Insomma, adesso forse potete capire perché il Kai Tak sia rimasto nel cuore di tanti appassionati di aviazione...

Fonti: Wikipedia (ita,eng), kaitakairport.blogspot.com, Aliditalia, How Many Roads, Airboyd.tv.

Luoghi | Barcellona

Barcellona è una città meravigliosa. Punto. Una città viva, giorno e notte. Una città che non ha paura di osare, che non ha paura di cambiare, di rinnovarsi. Una città efficiente e moderna. E poi c'è il mare. Io non ho mai vissuto al mare, però l'idea che ci possa essere una posto con tutti i vantaggi di una metropoli, e anche il mare, la trovo irresistibile. L'idea di uscire dall'ufficio e andare in spiaggia, è un sogno.

Ci sono tornato a giugno, per la seconda volta. Ho fatto qualche foto, e spero di essere riuscito a coglierne, almeno in parte, lo spirito.

L'album è qui: http://donnifoto.zenfolio.com/barcellona

Animali da trasferta

Ultimamente faccio qualche trasferta di lavoro in più. Solita trafila: macchina, aeroporto, check-in, controlli di sicurezza, aereo, aeroporto, taxi, ufficio, lavori, saluti, taxi, albergo, cena. In tutti questi passaggi, riconosci subito quelli che sono abituati a viaggiare per lavoro, quelli che io chiamo "animali da trasferta".

Il primo avvistamento avviene in aeroporto. Si muovono decisi, sanno sempre dove andare e cosa fare. Quando sono in gruppo, anche peggio: si muovono baldanzosi come un branco affamato. Ovviamente sono membri di svariati programmi fedeltà così da avere più privilegi possibili (tipo check-in dedicato, imbarco dedicato, ecc.). Sbuffano ai controlli quando un poveraccio che vola una volta l'anno blocca tutti perché il metal detector continua a suonare.

Li riconosci da tante cose. Da come sono vestiti, per esempio: rigorosamente in completo scuro gli uomini, tailleur d'ordinanza per le donne (insieme a tacchi vertiginosi, pazienza se sono scomodi e dovranno portarli tutta la giornata). Dal portatile (o l'iPad per i più trendy), che ovviamente viene acceso per ingannare l'attesa, o per mandare quella mail urgentissima senza la quale il mondo si fermerebbe (tranquilli, ho scoperto che il mondo continua a girare lo stesso). Dallo smartphone che continua a squillare, con il quale vengono discusse ad alta voce strategie di business e impartiti ordini arroganti a segretarie incolpevoli, e che rimane incollato all'orecchio fino all'ultimo, fin quando l'aereo sta per decollare. Dopo, mi spiace, dovranno spegnerlo, e tagliare per un po' questo cordone ombelicale che li collega al mondo, e senza il quale non esistono.

Appena atterrati, sgusciano via di corsa verso la zona taxi. Ma non è un addio, è solo un arrivederci. Infatti la sera, se si è in qualche posto logisticamente un po' sfigato, ci si ritrova tutti allegramente al ristorante dell'hotel. Una fila di tavoli, molti occupati da una sola persona, quasi tutti uomini, a mangiare tristemente da soli, cercando di riempire i vuoti e la solitudine con l'onnipresente cellulare o una rivista. Arrivi e tutti ti guardano, con quello sguardo misto tra compassione e solidarietà, come dire "anche tu qui?". Il cameriere ti viene incontro e ti chiede "da solo?" e tu rispondi con un sì e la faccia da cane bastonato. Un giorno incontrerò una donna bellissima in ascensore e, dimenticando per un attimo la mia timidezza e con un po' di incoscienza, le dirò "Ciao, se sei sola, ti va se ceniamo insieme?". Inutile dire che finora non è mai successo.

Fino all'ultimo giorno, quando rifarai tutta la trafila al contrario e sarai felice di tornare a casa. Sempre che a casa ci sia qualcuno ad aspettarti.

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Questo post è liberamente ispirato dalle mie trasferte e dal film "Tra le nuvole" con George Clooney.

Tra i gigabyte degli uno e degli zero

"Eppure nella miriade di microonde, tra i messaggi infrarossi, tra i gigabyte degli uno e degli zero, troviamo parole della grandezza di un byte più infinitesime persino della scienza, celate nella vaga elettricità. Ma se soltanto ascoltassimo sentiremmo la solitaria voce di quel poeta che ci dice: è stato ieri che la follia di oggi ci ha preparato al silenzioso trionfo della disperazione di domani. Bevete, poiché non sapete da dove venite né perché, bevete poiché non sapete dove andate né perché."
L'esercito delle 12 scimmie

Scatola vuota?

Ormai è un po' che uso Facebook. Un annetto circa. E devo dire che, dopo un iniziale interesse, ultimamente mi piace meno. Certi giorni addirittura mi dimentico di collegarmi. Si, mi piace, mi ha permesso di tornare in contatto con persone che non sentivo e vedevo da tanto. E di sapere che quell'ex collega ha avuto un figlio, magari, o si è trasferito all'estero. Però vorrei condividere con voi una serie di riflessioni.

Per esempio, una cosa che avevo già notato scrivendo il blog, è che Facebook (o meglio, i suoi frequentatori) sembra in qualche modo rifuggere dall'intelligente per celebrare invece il frivolo. I post intelligenti non li commenta quasi nessuno, quelli stupidi, frivoli, vacui, simpatici e ruffiani ricevono molti più commenti. Ma direi che questo è nella natura umana, niente di nuovo.

C'è poi il fenomeno dello slacktivism. Cos'è? Semplice, non si va più a protestare o manifestare da qualche parte, con striscioni e megafono, basta aprire un bel gruppo su Facebook e invitare quanta più gente possibile a iscriversi. La protesta sostituita da un click. Risultato? Proliferano gruppi su qualsiasi cosa, da "Combattiamo la sclerosi multipla" a "Per quelli che la mattina vogliono dormire sempre 5 minuti in più". E non vogliamo mica far mancare il nostro sostegno a entrambi, è così facile, basta un click. E tutto viene appiattito sotto una valanga di click, tutti uguali. Dal gruppo per la causa più importante a quello sulla stronzata più stupida non c'è differenza. Entrambi avranno il loro click. E chissà se chi fa quel click si ferma per un attimo a pensare alla differenza, o è davvero convinto che il suo click cambierà il mondo.

E poi, davvero si ha tutta questa voglia di interagire? Per cento che leggono, forse uno commenta. E devi anche sperare che dica qualcosa di intelligente. Facebook sembra piuttosto una vetrina per mettersi in mostra, per gridare al mondo quanto sei bravo, o felice, o triste, quanto stai bene o stai male. Facebook come un casting infinito.

Ormai Facebook è così pervasivo, che quando muore o scompare qualcuno, al telegiornale fanno vedere la sua bacheca. Con gli immancabili post strappalacrime degli amici. Chissà se qualcuno di questi amici ha fatto anche una telefonata alla madre, alla moglie o al marito.

Alcuni ormai ti scrivono solo su Facebook, anche se hanno il tuo telefono e la tua mail da una vita. Ma magari non vado tutti i giorni a controllare... Ad altri invece scrivi tu su Facebook, che magari non hai né mail né telefono. Ma si collegheranno, leggeranno quello che hai scritto, o fanno già parte del popolo dei "suicidati"? Facebook ormai è una internet dentro Internet.

Tutto questo mi porta a farmi una sola domanda: Facebook è una scatola vuota?

Il frutto del peccato

Sempre dal Photoshow 2009 qualche altro scatto, questa volta dallo stand Canon. Nelle ultime edizioni infatti Canon si è distinta da tutti gli altri espositori per il fatto che, invece di far posare le solite modelle, ha allestito una serie di performance teatral-danzanti, con varie situazioni ogni volta diverse.

Io sono capitato da quelle parti mentre iniziava questa sorta di balletto in stile anni 30, in cui due attori (o ballerini?) giocavano tra loro, rincorrendosi e cercandosi, utilizzando come accessorio di scena nientemeno che delle mele (il frutto del peccato?). Sono rimasto colpito, in particolare, dalle espressioni dei due, veramente belle ed evocative.

Dopo ci sono state altre rapprsentazioni, ma la calca era davvero insopportabile e ho dato forfait. Sono comunque molto soddisfatto del risultato, e mai come questa volta lo slideshow è appropriato.

La gallery è qui: http://donnifoto.zenfolio.com/canonps09

Buona visione!

Come mi vede?

"Come mi vede... cioè, cosa ne pensa uno... dell'88 di una del 72?


Ho 3 in matematica.


Nessuno mi guarda come mi guardi tu... non mi giudichi mai."

Chiara e Pollo - Lezioni di volo

Troppo tardi

Vi ricordate il mio post dell'anno scorso in cui avevo trovato su 1x.com una foto simile alla mia? Ebbene, da tempo medito di iscrivermi al sito in questione (anche se forse il livello è troppo alto per me), e avevo deciso di sottoporre come prima foto quella della mia amica Rossella che legge il libro, illuminata dal libro stesso, che tanto mi è piaciuta.

Ma sono stato preceduto!

Non che fosse tutta farina del mio sacco. Anche io mi ero ispirato a una foto vista su un blog, e dopo qualche tentativo, ero riuscito ad ottenere questa:


E devo dire di esserne molto soddisfatto. Pensavo appunto di sottoporla a 1x.com (sito fantastico) ma settimana scorsa cosa vedo? Questa foto:



Anche in questo caso, molto più bella della mia, se non altro perché con una degna ambientazione. Ecco, devo curare di più il contorno, non solo il soggetto. E devo cambiare la mia scelta della "prima foto" da sottoporre (mi spiace Ross, non potrai avere questo onore). Suggerimenti?